Negli ultimi mesi si moltiplicano, soprattutto sui social, gli appelli di ristoratori e operatori del turismo alla disperata ricerca di personale. Dai camerieri ai cuochi, dai receptionist agli aiuto cuochi: il grido è unanime e preoccupato. Ma dietro questa “fuga dal settore” si cela una crisi ben più profonda e sistemica, che va oltre la semplice assenza di candidati. È ormai evidente che uno dei motivi principali di questa carenza sta nella disparità tra retribuzione e carico di lavoro. Troppo spesso i turni sono lunghi, i riposi instabili, le condizioni contrattuali precarie. In alcuni casi si lavora anche 10-12 ore al giorno, con compensi che non riflettono né l’impegno né la professionalità richiesta. Questa situazione è diventata insostenibile per molti, soprattutto per le nuove generazioni che giustamente aspirano a un equilibrio tra lavoro e vita privata, a tutele reali e a una retribuzione dignitosa. In un’epoca in cui si parla di turismo sostenibile, dobbiamo iniziare a parlare anche di lavoro sostenibile nel turismo. C’è poi un altro elemento spesso trascurato: la motivazione. Lavorare nella ristorazione o nell’accoglienza non può essere un ripiego, una scelta forzata in mancanza d’altro. Si tratta di professioni che richiedono passione, cura, attenzione per i dettagli e intelligenza emotiva. Chi accoglie l’ospite non offre solo un servizio: offre un’esperienza. E questa esperienza passa per un sorriso autentico, una parola gentile, un gesto di attenzione. Se chi lavora in sala, in cucina o alla reception non sente appartenenza e non è motivato, tutto si percepisce. Il cliente avverte la freddezza, la stanchezza, la mancanza di empatia. E il sistema, giorno dopo giorno, si sgretola dall’interno. La soluzione, dunque, non è solo “trovare qualcuno che lavori”, ma costruire le condizioni per attrarre e trattenere persone qualificate e appassionate. Serve un investimento serio nella formazione professionale, ma anche nella cultura del lavoro. Bisogna rimettere al centro il valore del capitale umano. Ristoratori e albergatori devono essere i primi ambasciatori di un nuovo approccio: basato sul rispetto dei collaboratori, su orari sostenibili, su una crescita condivisa. Solo così si potrà costruire una filiera solida, capace di generare qualità, benessere e bellezza. Non c’è turismo senza accoglienza. Non c’è accoglienza senza dignità del lavoro. Il Sud, il Mediterraneo, la nostra Italia hanno un potenziale immenso nel settore dell’ospitalità. Ma per esprimerlo fino in fondo, dobbiamo abbandonare vecchie logiche e aprire la strada a una nuova visione etica e sostenibile della ristorazione e dell’accoglienza. Una visione in cui lavorare bene, con la testa e con il cuore, non sia un'eccezione, ma la regola.
Ristorazione e Accoglienza: Crisi di Personale o Crisi di Visione?

Scritto da Antonio Pistillo
Cronista del territorio
Promotore del prodotto enogastronomico
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